Famiglia

C’era una volta l’affido…

I Comuni non ne promuovono la diffusione. Così diminuisce il numero dei minori assegnati alle famiglie. Mentre a Firenze l’ufficio affidi ha meno addetti di quello per la protezione degli animali

di Giampaolo Cerri

Sono passati quindici anni dal maggio 1983, quando venne approvata la legge 184 che disciplina l?adozione e l?affidamento. Quindici anni da quando le città italiane venivano tappezzate di manifesti che richiamavano la popolazione a una maggiore sensibilità, a una cultura sociale dell?affido. Forse è passato così tanto tempo da quelle campagne di solidarietà diretta, che sia gli italiani che le istituzioni preposte se ne sono dimenticati. Lo testimoniano le cifre della netta inflessione del numero di affidi familiari (ancor più significativa se rapportata all?aumento del numero dei bambini posti in istituto), che ?Vita? ha raccolto in un breve viaggio nelle realtà locali. I comuni, a cui la legge assegna compiti di promozione e informazione, ormai si muovono solo con sporadiche campagne. Lo testimoniano gli operatori dell?Anfaa (Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie), a Udine, per esempio, dove Itala Cabai ci riferisce i dati del Friuli: nel ?96 c?erano 514 minori in istituto contro i 62 in affidamento. O, ancora, a Livorno, dove Roberto Oliviero ci ha raccontato di un progetto comunale del ?97, concluso con la non distribuzione dei 60 mila depliant preparati per l?occasione. Oppure a Genova, dove ci si è mossi con un numero verde e una serie di iniziative nelle scuole, a seguito però della denuncia da parte dell?Anfaa genovese dei dati sugli istituti liguri: 800 bambini a fronte di 550 affidi. Situazione anche meno allegra se diamo un sguardo verso il sud Italia, dove spesso mancano anche i regolamenti comunali che dovrebbero istituire i servizi per l?affido. Nessuna promozione viene organizzata in Calabria, dove Francesca Leone dell?Anfaa locale riporta i dati regionali: 500 affidi su un totale di 4 mila bambini in istituto. A Taranto, nel ?97, su 222 bambini assistiti dai servizi, solo 36 sono andati in affido. Dalle grandi città arrivano segnali contrastanti. A Firenze le associazioni hanno dovuto denunciare le carenze del servizio affidi comunale che aveva meno addetti dell?ufficio protezione animali (solo 149 gli affidi praticati). A Milano le cifre dal 1981 a oggi testimoniano l?andamento nazionale: 192 affidi aperti allora, solo 80 nel 1997. Eppure il numero di minori seguiti dai servizi sociali è in continuo aumento. E la dimostrazione arriva proprio da alcuni comuni dell?hinterland e dal Tribunale dei Minori milanese, che da mesi rivolgono appelli per trovare una soluzione al problema (appelli raccolti da ?Vita?, che nelle pagine delle Opportunità riporta ogni settimana richieste di adozione o affido). Eccezione appare essere Torino dove, a fronte di 390 bambini in strutture o istituti e 295 in comunità alloggio, ci sono ben 914 affidi. Secondo Livia Pomodoro, presidente del Tribunale dei Minori di Milano, il problema esiste ed è arrivato il momento di affrontarlo seduti a un tavolo istituzionale per ridiscuterne gli aspetti. «Lungi da me è l?idea di dire che l?affidamento non serve più; si tratta, anzi, di un istituto di grande raffinatezza e sensibilità. Ma anche per queste caratteristiche – sostiene l?avvocatessa -, non si può considerare come una soluzione di massa in una realtà come quella attuale molto complessa. I bambini affidati ai servizi sociali perché hanno subito un qualche tipo di violenza, non possono essere accasati in famiglia, se non in circostanze molto particolari. Questo è solo un esempio d?attualità, ma che dimostra la necessità di andare oltre all?affido – ma non indietro negli istituti – per risolvere il problema dei minori in difficoltà».


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